Di Elena Carrara-architetto
La chiesa, di jus padronato dell’università di Pagani, era in origine una cappella dedicata al SS. corpo di Cristo costruita, tra il 1555 ed il 1559, alle spalle dell’antica chiesa di San Felice, diventata insufficiente a causa dell’aumento demografico che portò la popolazione, intorno al 1570, ad oltre 3000 abitanti.
La chiesa, antistante l’attuale chiesa del corpo di Cristo, fu edificata nel luogo in cui si riteneva che fosse stato decapitato San Felice presbitero. In detta chiesa, il culto era affidato ad un “rettore curato” e a quattro parroci.
A proposito della chiesa del corpo di Cristo, Gennaro Orlando scrisse: L’anno 1554 ai 16 Dicembre, Giovan Bernardo Terribile, sindaco, e molti cittadini di Pagani, congregata a Parlamento nella chiesa di S. Felice, dichiarano che per la devozione che nutrono verso il Santissimo Sacramento, deliberano di costruire a spesa dell’università di Pagani quondam Cappellam, seu Ecclesiam inventione Sanctissimi Corporis Cristi, e che avendone ottenuta concessione dal capitolo di San Giovanni in Laterano, la edificarono cum coemeterio, campanili et aliis aedificiis necessaris, con la facoltà di deputare Cappellano e Cappellani, la quale chiesa deve essere esente dalla giurisdizione ordinaria del vescovo, ed immediatamente soggetta alla sede apostolica, e godere di tutti i privilegi e le immunità concesse dai sommi Pontefici alla chiesa luterana, con l’obbligo di offrire ogni anno una libra di cera.
Dichiarano, il Sindaco e i cittadini, che possedendo l’Università un pezzo di selva, in loco Paganorum, in loco ubi ad S. Felix dicitur, lo donano per farvi edificare la detta Chiesa, riservandosi la facoltà di nominare il Cappellano. Aumentata l’affluenza dei devoti, si pensò di formare, l’anno 1573, una congregazione sotto lo stesso titolo per seppellire i morti, indi, nel 1579 un Monte di Pietà cui concorse anche l’università con ducati 200.
Quando, nel 1806, si decise l’abbattimento della chiesa di S. Felice, il suo clero fu trasferito nella chiesa del corpo di Cristo, che ha mantenuto il doppio titolo fino al 1986 quando, su decisione del Consiglio presbiterale e del collegio dei consultori della curia, è stato abolito il titolo di San Felice .L’antica chiesa che misurava 74 palmi di lunghezza e 64 di larghezza, nel periodo in questione(1806), oltre all’altare maggiore dedicato a San Felice, aveva altri dieci altari intitolati rispettivamente a Santa Maria del Carmelo, a Santa Maria Maddalena, al Crocifisso, alla Passione, a Santa Caterina, a San Nicola, a Santa Maria delle Grazie, a Santa Maria, a Santo Stefano e a Sant’Agostino. I primi otto altari erano di padronato laicale e appartenevano rispettivamente alle famiglie Pecoraro, Tortora ,Desiderio, Contaldo, Pepe, Picaro, Romano e Brengola. Sempre Orlando scrisse che la Cappella fu riedificata in miglior modo e forma, sicchè divenne man mano la più cospicua dell’Università di Pagani. L’amministrazione sui primi tempi ne era affidata a persone nominati mastri.
Nell’ottobre del 1586, i mastri economi della cappella del SS. Corpo di Cristo stipularono un contratto con l’intraprenditore e maestro nell’arte di fabbricare Sforzino Rea, di Nocera de’ Pagani, per l’ampliamento della cappella realizzato secondo il progetto di don Vincenzo Casale, regio architetto di Nocera de’ Pagani. Nel 1626, la Chiesa, oltre all’altare maggiore, ne aveva altri sei intitolati al Rosario di padronato della famiglia Contaldo, a S. Maria dell’Arco; della Confraternita confratrium, a S. Maria delle Grazie, sul cui altare adest imago S. Mariae ulceribus plena et baculo passionale ex habitu pontificale cum repugnet veritate; a S. Michele Arcangelo; a San Carlo, della famiglia Striano e, infine, a Santa Maria di Costantinopoli della famiglia Contaldo.
Nella visita del 1633 di monsignor Francone, comparve l’altare della Pietà, della famiglia Messina e viene precisato che l’altare di Santa Maria della Grazia è della famiglia Russo. Lo stesso vescovo
rivisitò la Chiesa nel ’46 e trovò, di nuovo, un altare di Sant’Antonio della famiglia Pietro e Sebastiano Forino; quello di San Giuseppe con icona, della famiglia Tortora, un altare della famiglia Villani e uno intitolato a Sant’Andrea Apostolo.
Nella visita del Francone del’50 si riporta che l’altare di S. Antonio è intitolato anche a San Gennaro, quello di Santa Maria della Grazia è di padronato della famiglia Villani, nuovi sono quelli di San Nicola e di Sant’Antonio della famiglia Caccano. Non compare più l’altare di Sant’Andrea apostolo. Nell’oratorio è presente un altare con l’immagine del Crocifisso.
Nel 1652, nella visita di monsignor D’Avalos, sull’altare maggiore, è riportato un tabernacolo ligneo aurato, poi vengono elencati gli altari. A cornu Evangeli: l’altare della famiglia Salvatore, Camillo, Aniello e Annibale Tortora, munito di icona con cornice, di seguito quello di Sant’Jacopo della famiglia Camillo e Onofrio Contaldo; del Rosario, di Santa Maria dell’Arco e Santi Gennaro e Antonio, di Santa Maria della Grazia della famiglia Russo; per ultima quello di San Michele Arcangelo. A cornu Epistulae: vi sono gli altari di San Nicola, di Sant’Antonio della famiglia Striano, di San Carlo, di Santa Maria di Costantinopoli e infine quello della Pietà.
Quando, nel 1675, monsignor Gabrielli visitò la chiesa, l’altare di Sant’Jacopo non era più presente, quello di Santa Maria dell’Arco risultò appartenere alla famiglia Farina e, accanto alla porta maggiore, sul lato destro, c’era l’altare di San Gaetano.
Nella visita successiva del 1683, del vescovo Gabrielli, compare una nuova cappella intitolata a Sant’Anna e non vengono più citate quelle di Sant’Antonio e Santa Maria di Costantinopoli. Fino ai primi decenni del secolo successivo, la situazione descritta rimase pressocchè identica.
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